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La versione politica di Bartleby
In una società che vive di apparenza e spettacolarità, la discrezione è una necessaria forma di resistenza.
Spegnere i riflettori, abbassare il volume, godere dell'anonimato sono gesti politici prima che morali.
La discrezione è un'arte, un atto volontario, una consapevole scelta di vita in un mondo che ci vorrebbe
sempre connessi, protagonisti, inesorabilmente presenti, e in cui s'impone l'urgenza di una tregua, di staccare e
sparire. Come quando, in un paese straniero, assaporiamo la massima libertà di non essere riconosciuti,
la discrezione è arte della scomparsa: non nascondere nulla fino a non avere più nulla da mostrare,
fino a rendere la propria presenza impercettibile. È arte della sottrazione, non per negare ma per affermare
se stessi, e al contempo far scomparire quello che ci definisce. È aprirsi al mondo senza toccarlo,
è gioia di lasciar essere le cose. È ancora possibile oggi, tra selfie e YouTube, essere discreti?
Secondo Pierre Zaoui la risposta è sì: anzi, la discrezione è la nuova faccia della modernità,
frutto delle libertà offerte dalle nostre società democratiche. Nel suo saggio, Zaoui convoca
i grandi pensatori della discrezione, da Kafka a Blanchot a Deleuze, passando per Virginia Woolf
e Walter Benjamin, per delineare i tratti di questa esperienza rara, ambigua e infinitamente preziosa.
Nota IBS
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