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"Negli anni Quaranta viveva al Greenwich Village un letterato di nome Joe Gould
che si presentava come un singolare barbone. Macilento e ubriacone, bazzicava le redazioni
delle riviste letterarie; non poteva accettare un impiego, perché gli avrebbe impedito
di continuare a scrivere la sua Storia Orale, costituita a suo dire, dalle conversazioni
ascoltate e orecchiate per strada, al ristorante, nei dormitori, sui treni, al parco, ovunque la gente
si riunisse e parlasse. Nel 1942 Mitchell gli dedicò un articolo sul New Yorker, Il professor Gabbiano,
nel quale descriveva il personaggio. Dopo la morte di Gould, molti si misero alla ricerca
della sua Storia Orale; nel '64 Mitchell decise di raccontare dall'inizio la storia del segreto di Gould." (IBS)
"È uno di quei (rari) libri da leggersi anzitutto così, d'un fiato, per il puro piacere di seguire
la storia di Joe Gould, eccentrico barbone newyorchese degli anni Quaranta, sparuto, stridulo,
sempre vestito di assurdi abiti smessi troppo grandi per lui, scroccone ai limiti della mendicità,
imbucato di professione, privo di fissa dimora e ciondolante tra infimi alberghi, oscuri androni,
stazioni della metropolitana, cucine assistenziali, ristoranti e bar dove sequestra tutte
le bottiglie di ketchup sparse sui tavoli (\'È l'unica cosa che non ti fanno pagare\')
e se le sorbisce a cucchiaiate... Il libro è un piccolo capolavoro di quell'arte
(non c'è altra parola) così americana che consiste nel trattare la non-fiction,
biografia, storia, cronaca, con tale sensibilità e intensità narrativa da renderla
indistinguibile dalla fiction, pur restando i fatti scrupolosamente documentati e privi
di qualsiasi orrenda romanzatura. Esempi sommi ci vennero in questo filone
da Ernest Hemingway, Truman Capote, William Shirer. Ci mettiamo senza esitare
anche il bravissimo Mitchell." (Fruttero & Lucentini)
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